TABERNOCCOLO


6.30 di Domenica x...
Non vedo i gradini che portano al tabernacolo,
e con la sua chiave in mano non posso fermare la caduta.
Mi schianto violentemente con la testa contro il muro,
e sfracello due dita della mano sinistra.
Grazie a Dio sono ancora vivo…
ma sarà tutta un'altra cosa vivere così…
Una dimensione nuova e inaspettata, piena di sorprese.
Grazie.
 

Litanie dell'umiltà

 
Dal desiderio di essere…  Liberami, Signore!
 
- ammirato,
- lodato,
- chiamato,
- interpellato,
- coinvolto,
- ripagato
- approvato,
- amato,
- considerato,
- premiato,
- desiderato,
- liberato,
- ringraziato,
- cercato,
- valorizzato
- stimato
- lasciato in pace
- superiore
- visto
- ascoltato
- rispettato
- scusato
- perdonato
- giustificato
- compreso
-


"Ho visto un uomo..."


Poesia in dialetto bergamasco,
opera del vignettista Aldo Bortolotti
 
HO HEST HON HOM

O HEST HON HOM
BRASHAT CON D’HONA DONA
SENSA RENCORSES

DE ES A LA STASIU’
E O CAPIT

COS’E ‘L VHOL DI’ PASSIU’

 
O HEST HON HOM
A PIANS PER HONA DONA

E PERDUNALA

E REGALAGA HU FIUR

E O CAPIT
COS’E  ‘L VHOL DI’ L’AMUR

 
O HEST HON HOM
BRANCAT S’ HON D’HONA CRUS

CIAMA’ HONA DONA
E BESTEMMIA’ ‘L SIGNUR

E O CAPIT
COS’E ‘L VHOL DI’ ‘L DULUR
 
 
HO VISTO UN UOMO

HO VISTO UN UOMO
ABBRACCIATO A UNA DONNA

SENZA ACCORGERSI
DI ESSERE ALLA STAZIONE

E HO CAPITO
COSA VUOL DIRE PASSIONE

 
HO VISTO UN UOMO

PIANGERE PER UNA DONNA
E PERDONARLA

E REGALARLE UN FIORE
E HO CAPITO

COSA VUOL DIRE L’AMORE

 
HO VISTO UN UOMO

STRETTO A UNA CROCE
CHIAMARE UNA DONNA

E BESTEMMIARE IL SIGNORE
E HO CAPITO

COSA VUOL DIRE IL DOLORE

Me, Lu e Chel'Oter


Io, lui e l’altro…  
“Il triangolo no!...Non lo voglio considerare!...” ci suggerisce subito l’istinto primordiale, quello della nostra origine, dove il mio io non deve mai essere messo a repentaglio nei confronti del prossimo e di quell’altro che può essere uno in più, o più persone, o il mondo stesso nelle molteplici situazioni da affrontare. Meglio stare chiusi e comodi nel proprio io, nella propria casa, nel guscio comodo del mio cuscino sicuro...  Ma poi mi devo ricredere e subito mi accorgo che questa è solo illusione e non mi dà né sicurezza né serenità.       Per il mio cammino di vita devo provare, almeno un poco, ad affidarmi all’esperienza del confronto, del dialogo, dell’incontro, se voglio che la mia vita abbia senso, valore e equilibrio. Per forza o per amore, devo provare a fare come una quarantena, un periodo di esercizio morale, spirituale, umano, sociale, che se mi provoca fatica al momento perché vedo solo grigio e sacrificio, è la scommessa che devo affrontare per ottenere in premio la migliorìa di me stesso, dell’altro e del mondo attorno a me.  Non c’è niente da fare: da solo posso anche stare, ma non potrò mai esserlo in verità: anche i migliori eremiti non hanno mai smentito la mente universale, anzi hanno esaltato il loro cuore come condivisione, hanno vissuto il loro spirito nel vaglio con il mondo intero, quello dentro e quello attorno.    Il prossimo che mi si presenta nella vita potrei giocarlo come una carta a mio favore, se non intervenisse anche l’altro, il terzo, quello che garantisce la verità, la realtà, il sigillo. Confessarmi tra me e il mio dio è solo illusione e piacere se non c’è l’intervento dell’altro, il terzo che mi posta il senso della realtà, il valore della mia intenzione, che attesta che la tappa della quarantena non è solo quaresima sacrificale, ma anche esodo gioioso, liberante il mio io prigioniero del piacere, del potere e delle grandezze, rendendomi più capace di incontrare il prossimo e il mondo. “Non c’è due senza tre”!, così è fatto il procedere del mondo. Fare l’elemosina a chi mi è vicino è facile e gratificante; ma è valido solo nel condividere con un altro il mio atto, con quel terzo incomodo che mi indica che “altro” non è solo colui che è vicino a me, ma anche chiunque si avvicina me, anche da lontano. Pregare in due crea unità, ma guarda caso pure il vangelo aggiunge il terzo altro: “…dove sono due o tre riuniti”, per dirmi che se voglio crescere nell’unità devo aumentare il mio senso di comunità, di famigliarità, di diversità arricchente, affidandomi all’altro, chiunque o qualunque cosa sia. Il cammino che ci proponiamo noi tre : Me, Lu e Chel’oter, per migliorare noi stessi e il mondo, potrebbe essere ridetto così: esco da me stesso con l’aiuto di te che mi sei vicino per accogliere altri o altro che si avvicinano a noi, per condividere insieme le gioie e i dolori, le fatiche e le speranze di ognuno. Progredendo così dal senso di unità al consenso perché ci sia sempre più comunità, e sia sempre più serena e vivibile questa nostra fragile e preziosa umanità.

"CHI LO DICE, SA DI ESSERE"

...così recitava il detto del gioco scanzonato dei bambini…

Al bar, una signora sbotta:

"Io non sono una che vado in chiesa, non mi piace!
Non sono come quelli che vanno sempre in chiesa
e poi parlano male della gente,
ti giudicano e pensano male di te e ti parlano dietro le spalle!"...

"Ma, signora, non è proprio quello che sta facendo ora lei
nei loro confronti?"

Peccato verso la grazia...

E che senne dica, il peccato è il trampolino di lancio verso la grazia.
Il fatto è che siamo cresciuti con l'avversione al peccato, e non con la conversione ad esso.
Infatti, anche il peccato si può convertire alla grazia, non per se stesso, ma con noi.
Allora, anche la realtà più peccaminosa, viene rivisitata come segno della grazia stessa.
Ogni settore della vita è per Dio,
anche ciò che secondo noi non gli compete.
Ma nulla è impossibile a Lui.