Un giorno incontro una anziana in carrozzella, accompagnata da una parente che da volontaria la sta conducendo...
"Salve, nonnina, come va? Vedo che oggi è portata a spasso!"...
"Sì - afferma sorridente - mi piacerebbe che una volta mi portassero anche in chiesa,a una visita...desidererei tanto!"...
"Se vuole la accompagno io - dico alla signora alla guida della carrozzina - siam qui vicini, poi gliela riporto qui".
"No! Dobbiamo andare dalla pettinatrice!" risponde lei con tono deciso e forse un po' sprezzante, e prosegue imperterrita, e senza salutare.
A parte che non obbligavo lei a venire in chiesa, poteva aspettare un momento; ma se anche non poteva, non avrebbe potuto dire che avendo quell'impegno si sarebbe potuto fare un'altra volta?
Il fallo mentale in questa volontaria del bene (e rappresenta forse anche tutti noi) è che ha scambiato il bene che doveva fare alla nonna con il bene che la nonna doveva fare in quel momento a lei: accrescere il suo ego, il suo "essere una buona donna"!
Un grande inganno, che è in agguato su tutti noi quando facciamo un'atto di bene: lo faccio per il bene della persona che ho di fronte, o lo faccio per me stesso, per godermi e piacermi di più nel mio io, sentendomi così più potente?...